fabio
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L’Europeo è finito, l’abbiamo vinto. Ai rigori, come la semifinale e come l’ultma volta a Berlino 2006. Ora guardiamoci indietro e vedremo alcune cose incredibili di questo Europeo, attraverso alcuni protagonisti che ho scelto per parlare del meglio e solamente questo perché per il peggio non c’è tempo.

Premessa

Dico spesso che la pandemia è un acceleratore di processi e quest’europeo – che si chiama 2020 ma si è giocato nel 2021 – ci ha letteralmente fatto da “camera di fermentazione”: avessimo giocato lo scorso anno, quasi certamente non avremmo vinto. Quest’anno funesto ha permesso, nella sciagura, a molti giocatori di crescere e maturare: Chiesa, Barella, Pessina, Donnarumma, Spinazzola l’anno scorso non sarebbero stati così pronti. Possiamo tralasciarlo, ma non possiamo negarlo. Anche da questo abbiamo tratto il massimo.

Simon Kjaer, il gigante capitano

Pronti via la il campionato inizia con il dramma sfiorato di Eriksen che cade in campo davanti a milioni di spettatori. È, nella mala sorte, la sua fortuna: ad Astori è capitato mentre era solo in camera e a lui, anche, è stata dedicata la vittoria dell’Europeo (a cui mi piace pensare avrebbe preso parte). Ma ad Eriksen fortunatamente capita di avere dei compagni di squadra con la cultura della prevenzione e fra questi uno pronto a capire, decidere e intervenire. È un colosso biondo e affascinante, un danese quasi stereotipato, intelligente e pronto: l’immagine perfetta la fornisce Francesco De Gregori nella sua canzone del 1982 quando racconta una storia che nulla c’entra col calcio ma molto con l’idea di capitano. Kjaer nel suo club non è il capitano, ma la sua leadership non è mai in discussione: per la Danimarca invece veste anche i galloni del portabandiera e non importa per quale dei due motivi ma la squadra lo segue sempre senza discutere quando lui ordina. E subito dopo aver messo Eriksen nelle mani dei sanitari nelle migliori condizioni possibili in quel momento stabilisce che quelle immagini non devono essere materia di commercio e letteralmente costruisce una barriera umana attorno al compagno a terra. È letteralmente un muro umano di squadra dal quale si staccherà solo per confortare la moglie di Eriksen asssieme al portiere Schmeichel. È una storia o meglio un episodio che offre tanti spunti, ne prendo uno lontano dalla vicenda umana: se l’UEFA è per il calcio della gente e contro il business incontrollato perché permette l’uscita di certi video e immagini quando al contempo ha staccato subito su tutte le invasioni di campo di cui non si è mai parlato?

Luis Enrique, il custode dei confini dello sport

Una cosa che mi ha molto colpito di questo europeo sono stati certi episodi di sportività: complimenti all’avversario, di singoli o di squadra, fair play in campo, fair play sugli spalti, etc. Su tutti svetta Luis Enrique che, dopo aver portato una squadra senza giocatori del Real, e dopo essersi trovato con un cluster di Covid in ritiro e diverse critiche in partenza – sulle sue scelte e su certi giocatori – ha risposto sempre allo stesso modo: dicendo quello che pensava. La stampa (i tifosi) criticava Morata, lui metteva Morata. La Spagna perde ai rigori con l’Italia? Lui non dice la cosa semplice e ovvia (“abbiamo giocato con 8 giocatori che hanno meno di 23 anni, cresceremo”), lui dice che hanno perso perché hanno meritato gli avversari. Nota: hanno perso ai rigori. Va davanti ai microfoni, fa i complimenti, dice che sosterrà addirittura l’Italia contro l’Inghilterra. Ammette che dovrà, e dovranno i suoi, imparare qualcosa ancora e che lavoreranno su questa sconfitta. E poi in campo: sempre cordiale, corretto, sorridente, mai una recriminazione…la miglior immagine di questo sport.

Jorginho, piedi d’oro

È stato il miglior giocatore dell’Italia – ok Donnarumma ha vinto il trofeo ufficiale, ma qui parliamo di altro – con giocate che pochi nel torneo hanno o hanno avuto. È il grande equilibratore, il baricentro della squadra che dà il via alle giocate e, in generale, alle manovre. Ha fatto lanci che non vedevo dai tempi di Pirlo e tocchi che mi mancavano dai tempi del Napoli di Sarri. Dieci anni fa giocava nelle provincia veronese, quest’anno ha vinto Champions League ed Europeo e ha segnato il rigore decisivo della semifinale con la calma di un rigore al campetto: ha fatto muovere il portiere e poi l’ha piazzata piano di lato dove non poteva più arrivare. Purtroppo per lui non ha realizzato lo stesso rigore in finale, avrebbe aggiunto qualche possibilità alla conquista del pallone d’oro, che comunque – nell’anno in cui Messi ha vinto il primo trofeo per l’Argentina – resta improbabile.

Francesco Repice, l’erede universale

Anche le cronache delle partite in questo europeo possono incredibilmente finire nelle “cose buone” del torneo. Tralasciando Sky e Caressa che penso abbiano un audience residuale visto il ritardo di trasmissione e la spocchia del telecronista pieno di sé al punto da dichiarare che sarebbe stato il primo telecronista a vincere europeo e mondiale (hint: i telecronisti non vincono un cazzo se non la stima e il favore degli ascoltatori e Caressa mi pare non ne abbia) non resta che la Rai. Ho un’opinione ben precisa sulla redazione di RaiSport che in genere, per l’appunto, chiamo “Istituto Luce”: giornalisti buoni solo ad esaltare con toni trionfalistici una qualsiasi vittoria con Andorra e che non sono stati in grado di accorgersi e di criticare le scelte di Ventura quando mancammo i mondiali del 2018, ossequiosi dei ruoli, delle gerarchie e di tutto quanto possa servire ad evitare problemi alla propria poltrona, incapaci di proferire parola contro chi, evidentemente, gli dà un lavoro. Una redazione che mette a schermo soggetti abbastanza in là con gli anni e che, a voler pensar male, potrebbe essere lì unicamente per ammanicamenti di vario tipo e incapace ormai di trovare sostituti o eredi di Pizzul e Civoli. Il facente funzioni per l’intero torneo è stato Rimedio, riconoscibile per l’occhio azzurro e l’età inferiore al resto della redazione così come il bordocampista Antinelli. Le altre partite – quelle cosiddette minori – per tutto il torneo sono state lasciate a Stefano Bizzotto, specialista di calcio straniero (prevalentemente tedesco ed est-europeo) col culto della propria professione: incrediblimente un appassionato del proprio mestiere. Uno che ancora si informa in prima persona e sforna aneddoti sui calciatori e, soprattutto, sulla storia dello sport di cui parla (ne segue anche altri oltre il calcio). Per uno strano scherzo del destino – brutto, umanamente parlando – Rimedio ha preso il Covid e non ha potuto fare la telecronaca della finale che è andata appunto a Bizzotto. Stile completamente diverso con, incredibilmente, dei momenti di silenzio che hanon fatto apprezzare la partita e senza banalità (ma con qualche errore/svista). Al netto della finale le telecronache di Caressa e Rimedio hanno fatto così pena e pietà che molti tifosi hanno iniziato a seguire le radio cronache della Rai: personalmente le seguo spesso quando viaggio in macchina la domenica e sono qualcosa di esaltante. Il lavoro è completamente diverso, si deve raccontare qualcosa che gli altri non vedono, e siamo fortunati ad avere una scuola in questo: Carosio, Ciotti, Viola, Dotto, Cucchi fino a lui, che forse avrete sentito proprio di recente, Francesco Repice. Se Bizzotto è incredibile per la sua preparazione, Repice è incredibile per la sua passione e per le sue aperture (quelle cose alla gladiatore-maniera di Caressa lasciatele e lui e all’altro pagliaccio della garra charrua che “non sa fare tre palleggi con le mani“). La riscoperta delle radiocronache è forse il successo più bello per un paese in cui la televisione ormai, nei confronti dello sport, ha scelto di non andare mai oltre il sistema delle conoscenze, dei procuratori e del pre-confezionato. Fughiamo ogni dubbio: Repice ha già detto che non fare mai telecronache, ma solo radiocronache ed è giusto così, però questo Europeo ha riportato un pochino in auge la radio e a me questa cosa emoziona come leggere quei dati che dicono che in Italia sono stati venduti più vinili che cd: per chi vuole, ci sono alternative.